Pubblicità »
Pubblicità »
Intervista

Accademia delle lingue dialettali: studiare e conservare la lingua monegasca

lingua monegasca
J. Pérez Soriano (Pepetps)

Il presidente dell’Accademia Claude Passet vorrebbe far avvicinare le nuove generazioni alla lingua di Monaco.

claude-passet-accademia-lingue-dialettali
Claude Passet – DR
Pubblicità

“Ciò che garantisce l’originalità di un popolo è la sua lingua: eliminarla vuol dire distruggere tale originalità”. Con queste parole, il 15 maggio 1982, il Principe Ranieri III ha inaugurato l’Accademia delle lingue dialettali. Benché quest’ultima sia stata fondata 40 anni fa, le origini della sua creazione risalgono a quasi un secolo fa.

Tutto ebbe inizio nel 1924. Con lo scopo di preservare le tradizioni del Principato, un gruppo di monegaschi aveva avuto l’idea di creare il Comitato nazionale delle tradizioni monegasche. L’obiettivo era conservare parti importanti della cultura e del patrimonio di Monaco come Santa Devota e San Romano. “Già nel 1924 si pensava che molte tradizioni stessero pian piano scomparendo”, ha spiegato con un sorriso Claude Passet, presidente dell’Accademia delle lingue dialettali.

Nonostante l’atto istitutivo del Comitato prevedesse espressamente la creazione di una commissione della lingua monegasca, quest’ultima non aveva mai visto la luce. Ci sono voluti quasi 60 anni prima che l’Accademia delle lingue dialettali fosse istituita nel 1982. Ma nel frattempo nomi importanti, non di linguisti ma di appassionati della lingua, avevano iniziato a codificare il monegasco.

“Nel 1927 i membri del Comitato delle tradizioni avevano chiesto a Louis Notari, che parlava molto bene il monegasco, di scrivere La leggenda di Santa Devota. Lui l’aveva scritta e aveva raccolto una serie di parole antiche, interrogando i monegaschi, per poi metterle insieme e realizzare un vocabolario e un saggio di grammatica pubblicati nel 1927”, ha raccontato Claude Passet. “Nel 1947 Robert Arveiller, ex insegnante di scuola superiore,  aveva scritto una tesi sul monegasco, ovvero il primo lavoro meramente linguistico sulla lingua monegasca. Vent’anni dopo il Comitato voleva studiare la lingua e aveva perciò riunito accademici di diversi Paesi i quali organizzavano vari convegni. Successivamente nel 1981 il Comitato si è reso conto di stare girando intorno alla questione e ha pertanto creato ciò che era previsto già dal 1924, ossia un’organizzazione che studiasse la lingua monegasca e le lingue latine”.

LEGGI ANCHE: I libri migliori per imparare il monegasco

Il monegasco, una lingua prima vietata

L’Accademia, presieduta prima da Robert Boisson, poi da René Novella e da Paulette Cherici-Porello, oggi è diretta da Claude Passet. I membri, provenienti da sette Paesi e una quindicina di università, organizzano un convengo ogni tre anni. L’obiettivo è studiare e comprendere le origini delle lingue latine, incluso il monegasco. “Le lingue evolvono e il monegasco ha origine dalle lingue liguri”, ha sottolineato Claude, che mette la sede dell’Accademia a disposizione del Comitato delle tradizioni per offrire corsi di monegasco.

Oggi la lingua monegasca viene insegnata nelle scuole. Ironia della sorte, quando Claude Passet andava a scuola era vietato parlare la lingua che ora tanto difende. “La mia generazione non ha imparato il monegasco in classe. Ai miei tempi era vietato parlarlo a scuola perché era considerato una lingua volgare e popolare. Quante volte ho dovuto scrivere la frase ‘Non devo parlare in dialetto’. Negli anni ‘60-‘70 a Monaco-Ville la gente parlava monegasco per strada e i bambini, come me, lo imparavano così”.

Dal 1973, grazie al canonico Georges Franzi, l’insegnamento del monegasco è obbligatorio fino al quarto anno di scuola media. Ma per Claude Passet questo risultato, benché positivo, non è ancora sufficiente. “Sono solo due ore al mese”, ha affermato con sconforto. “Non è molto. Vengono insegnate solo due ore di storia del Principato e due ore di monegasco. […] È un peccato che gli studenti lo imparino come una vera e propria materia, come il latino, e non lo parlino fuori scuola. Ma è già una conquista che sappiano dell’esistenza di questa lingua e che la parlino in cortile. […] Lo stesso discorso vale per il concorso di lingua monegasca: gli studenti scrivono brevi testi in lingua, che però non vengono pubblicati. È un peccato perché dovrebbero esserlo!”.

GUARDA ANCHE: VIDEO. Le basi della lingua monegasca in 3 minuti

Conservare la cultura e l’identità di Monaco

Claude Passet vorrebbe dare un nuovo slancio all’Accademia. “La commissione della lingua monegasca avrebbe dovuto creare un dizionario francese-monegasco, che non è mai stato realizzato. Vorrei rilanciare questo progetto, oltre che portare nuove risorse in Accademia. Ci sono stati vari tentativi di attirare i più giovani. Ad esempio, l’Accademia della musica ha provato a formare un coro che cantasse in monegasco, ma è durato solo un anno. Si parlava anche di aprire un bistrot monegasco in cui le persone potessero incontrarsi per parlare in monegasco, ma il Covid ha interrotto il progetto. Sarebbe bello farlo ripartire. Se vogliamo che la lingua continui a esistere, anche se non è perfetta ed elegante, dobbiamo parlarla”.

Per Claude, così come per l’Accademia, preservare le lingue regionali (all’interno e all’esterno del Principato) è importante per più motivi. “Dobbiamo fare in modo che la lingua non vada persa: la lingua fa parte della cultura e dell’identità di un Paese. Se si perde la propria lingua, si perde anche un po’ della propria identità”, ha commentato ricordando che in passato il monegasco aveva varie sfumature.

LEGGI ANCHE: Il monegasco: semplice dialetto o patrimonio culturale? Ecco le vostre opinioni e i vostri ricordi

“A Monaco non c’era solo una ma PIÙ lingue monegasche: il monegasco di Monaco-Ville, quello parlato alla Condamine e quello di Saint-Roman, più popolare e vicino al provenzale di Roquebrune e Mentone. […] Oggi il monegasco è una lingua silenziosa che si parla solo tra i banchi di scuola. Ma una lingua solo parlata corre dei rischi”.

Eppure Claude Passet non si perde d’animo: tra convegni, pubblicazioni e progetti futuri spera che le nuove generazioni riscoprano poco a poco la voglia di imparare questa lingua che, lungi dall’essere un semplice dialetto, è parte integrante del patrimonio storico-culturale del Principato. Riprendendo ancora una volta le parole del Principe Ranieri III: “far morire una lingua significa offuscare per sempre l’essenza di un popolo e rinunciare definitivamente a una delle eredità più preziose del suo passato”.