Come può l’inquinamento degli oceani influire direttamente sulla nostra salute? La risposta la troviamo sulle nostre tavole.
“Come si può ignorare l’inquinamento degli oceani, quando continua a progredire a una velocità che nessuno si aspettava?” ha sottolineato il Principe Alberto II al Simposio internazionale Human Health and the Ocean, tenutosi a Monaco questo dicembre. L’inquinamento dell’oceano e il suo impatto sulla salute umana sono sempre stati sottovalutati, nonostante gli effetti largamente diffusi.
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Una questione particolarmente preoccupante è quella del pesce. Secondo uno studio del 2018, un cittadino medio consuma 20,5 kg di pesce all’anno, rispetto agli appena 9 kg nel 1960. Con l’aumento del consumo di pesce, aumenta anche l’inquinamento degli oceani. Cosa succede, allora, se il pesce che mangiamo è contaminato da agenti chimici tossici?
Tonno al mercurio
Il pesce produce un’impronta di carbonio inferiore rispetto alla carne, per questo è ritenuto una fonte di proteine più sostenibile. Mangiare pesce, inoltre, protegge dalle cardiopatie, dagli infarti e dal cancro. Purtroppo, però, non è tutto oro quel che luccica: i pesci, infatti, assorbono gli agenti inquinanti presenti nell’acqua, che, se consumati dall’uomo, possono portare a gravi conseguenze per la salute.
“L’esempio più studiato è quello del mercurio”, spiega il Dottor Philip Landrigan, co-host del Simposio sulla salute umana e degli oceani e Direttore del Global Public Health Program and Global Pollution Observatory al Boston College. “Quando una donna in gravidanza mangia del pesce contaminato, le sostanze nocive contenute nel pesce entrano nel corpo della donna, raggiungono l’utero e provocano danni al bambino”. Le conseguenze sul feto possono essere diverse, dai danni permanenti sulle capacità intellettive, ai ritardi della crescita, fino a un maggiore rischio di sviluppare un disturbo da deficit di attenzione o iperattività.
Per essere un paese così piccolo, Monaco svolge un ruolo fondamentale nella protezione degli oceani di tutto il mondo
Dottor Philip Landrigan
Purtroppo il problema non migliora neanche se il pesce è stato pescato secondo standard sostenibili. “I pesci predatori mangiano i pesci più piccoli, quindi tendono ad accumulare mercurio anche se l’esemplare è stato pescato in modo sostenibile”, afferma il Dottor Landrigan. Le specie predatrici si trasformano così in dei veri camion per la raccolta della spazzatura.
La stessa dinamica vale per l’inquinamento da plastica. Le microplastiche, piene di agenti chimici tossici, vengono ingerite da quei pesci che poi ritroviamo sulle nostre tavole. Quando le sostanze chimiche entrano nel corpo umano, possono avere una serie di conseguenze, come ridurre la fertilità nell’uomo, aumentare il rischio di cardiopatie, danneggiare il sistema immunitario e provocare il cancro.
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Il problema è che non tutti i pesci sono uguali
Quindi dovremmo smettere di mangiare pesce?
Secondo il Dottor Landrigan, bisogna essere selettivi. “Il problema è che non tutti i pesci sono uguali. Alcuni hanno un elevato contenuto di mercurio, come per esempio il tonno, o lo sgombro. Altre specie, invece, come il salmone, hanno un basso contenuto di mercurio. In generale, consiglio di consumare più pesce perché è stato dimostrato che apporta diversi benefici per la salute”. E questo vale anche per le donne in gravidanza: “Le sostanze nutritive contenute nel pesce fanno bene al bambino”.
Nonostante queste premesse, è necessario sottolineare che il tonno andrebbe consumato con parsimonia. “Se un uomo adulto magia del tonno con moderazione, non c’è alcun problema. Ma una donna in dolce attesa, o una giovane donna che progetta una gravidanza l’anno successivo, dovrebbe evitare di consumarlo”. Il salmone è un’ottima alternativa. “Il salmone è in sostanza un pesce vegetariano, quindi non mangia i pesci più piccoli e di conseguenza non accumula mercurio”.
In che modo Monaco sta salvaguardando gli oceani?
Il Principato ospita diversi istituti scientifici leader nel settore che si occupano di studi oceanografici, tra cui il Centro Scientifico di Monaco, l’Istituto oceanografico e i Laboratori ambientali dell’ONU. Il recente simposio sulla salute umana e degli oceani è solo una piccola parte dell’impegno secolare della città-Stato per la salvaguardia degli oceani.
“Per essere un paese così piccolo, Monaco svolge un ruolo fondamentale nella protezione degli oceani di tutto il mondo”, ha affermato Philip Landrigan, che lavora anche come consulente per il Centro Scientifico di Monaco. “La famiglia Principesca è impegnata nella salvaguardia dei mari da generazioni. Dal Principe Ranieri e Jacques Cousteau, fino al Principe Alberto, che affronta il problema con lo stesso impegno”.
La salute non è l’unico problema…
Oggi, il pesce rappresenta il 17% del consumo di proteine animali nel mondo, anche se la percentuale sale fino al 50% in alcuni paesi come il Bangladesh, il Gambia, l’Indonesia, la Sierra Leone e lo Sri Lanka, raggiungendo persino il 100% in alcuni stati insulari. I paesi che si basano maggiormente sulla pesca sono anche quelli che subiranno di più le conseguenze dell’inquinamento degli oceani.
Visto da questa prospettiva, l’inquinamento del mare si trasforma in un problema di giustizia ambientale: le comunità che subiscono in maggior misura le conseguenze dell’inquinamento, sono quelle che contribuiscono di meno al problema.
Prendiamo per esempio l’inquinamento da mercurio, causato per lo più dall’industria del carbone. Gli Stati Uniti sono il terzo produttore di carbone al mondo, ma l’americano medio consuma appena 7 kg di pesce all’anno, decisamente sotto la media mondiale dei 20,5 kg.
Un problema che possiamo e dobbiamo risolvere
La buona notizia è che, come con gli altri generi di inquinamento, abbiamo a disposizione le risorse necessarie per poter prevenire anche quello degli oceani, con tutto ciò che ne consegue. Tornando al mercurio, per esempio, sono sempre di più i Paesi che stanno abbandonando il carbone e gli altri combustibili fossili in favore delle energie rinnovabili. “L’energia solare ed eolica prodotta in tutto il mondo è passata dal 4% nel 2010 a quasi il 20% oggi, abbiamo assistito a una crescita esponenziale”, afferma il Dott. Philip Landrigan. Anche i consumatori adesso hanno voce in capitolo e possono scegliere di passare a fonti di energia rinnovabili.
“Confido nei leader mondiali”, dice Philip Landrigan, “ma anche nei popoli di tutto il mondo, perché so che se il popolo vuole che il leader faccia qualcosa, il leader sarà costretto ad ascoltare”.
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Traduzione a cura di Valentina Alia