Intervista a Eliot Matazo (AS Monaco): “Il progetto della squadra mi ha subito convinto”
Questo mercoledì, Monaco Tribune, in collaborazione con Radio Monaco, ha fatto due chiacchiere con il giovane centrocampista belga dell’AS Monaco, titolare di centrocampo nelle ultime due partite a fianco di Youssouf Fofana.
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Centrocampista con un futuro già scritto nelle stelle, il calciatore belga originario di Woluwe-Saint-Lambert, una cittadina nei pressi di Bruxelles, sembra aver già conquistato Niko Kovac. Per l’allenatore, è lui la prima alternativa nel sempre presente duo Tchouaméni-Fofana. I due calciatori lo viziano come fossero i suoi “fratelli maggiori” e anche Cesc Fabregas ha un occhio di riguardo nei suoi confronti; non si lascia infatti sfuggire l’occasione per passare dalla sala stampa e controllare come se la sta cavando Eliot Matazo nella sua prima intervista. Non c’è dubbio, il ragazzo è in un buone mani ed è pronto a mostrare tutto il suo potenziale.
Eliot, cosa ne pensi della fiducia che ti è stata concessa dallo staff e da Niko Kovac?
Mi fa un immenso piacere. Sono un giocatore giovane. Imparo molto a fianco dei miei compagni di squadra durante l’allenamento. Sono contento di vedere che il mio lavoro è stato ricompensando in queste due partite in cui sono stato titolare. Mi alleno molto tutti i giorni per approfittare di questo genere di opportunità.
Vogliamo giocare in Europa
Come pensi siano andate le tue ultime due performance?
Il mio obiettivo principale era divertirmi e godermi il momento, senza farmi troppe domande. La sicurezza è arrivata dopo. Sono soddisfatto di come ho giocato, e sicuramente preferisco quando riesco a essere indispensabile per la squadra, come per esempio è successo sabato scorso contro il Metz con quel passaggio decisivo. In Coppa di Francia è stato più difficile. Non è semplice vincere due partite una dopo l’altra contro gli stessi avversari, ma siamo riusciti a raggiungere l’obiettivo di qualificarci per il prossimo girone.
Mancano sette giorni alla fine del campionato e Monaco è al terzo posto. Il titolo, o più probabile un posto in Champions League, è questo ormai l’obiettivo?
Il nostro obiettivo è sempre lo stesso dall’inizio della stagione. Vogliamo giocare in Europa. Se arriveremo più in alto del quarto posto, sarà semplicemente un qualcosa in più. Ci sono ancora tanti punti che devono essere assegnati. Superare il Lione in classifica non vuol dire niente. Faremo i conti quando arriveremo alla fine.
Perché hai scelto di giocare nell’AS Monaco?
Quando avevo 16 anni, alcune squadre straniere erano interessate a me, e in particolare il Monaco. I discorsi e il progetto sportivo mi hanno subito convinto. Lasciare l’Anderlecht, la squadra in cui giocavo da quando ero piccolo, non è stato facile. Ma Monaco è una squadra storica, che ha lanciato molte giovani promesse che hanno poi avuto successo sulla scena europea.
Passare dal centro di formazione dell’Anderlecht a quello del Monaco. Non c’è scuola migliore per un giocatore giovane…
(Sorride) È vero, la formazione dell’Anderlecht è considerata come una delle migliori in Europa, proprio come quella del Monaco. Qui, però, sono diventato più maturo. Quando sono arrivato, mi sono inserito subito nel gruppo di National 2. Qui sono cresciuto mentalmente, perché il livello fisico è molto più alto rispetto alle categorie juniores.
Niko Kovac non ha mai paura di dare fiducia ai giovani. Ne sei felice?
Certo! Lo vediamo durante l’allenamento, dove tutti i giocatori danno il massimo. Il coach vede tutto e ci ricompensa per il nostro impegno. Per quelli più giovani come me è molto importante.
Com’è nata la passione per il calcio?
Ho iniziato a giocare nel mio quartiere. Tutti mi dicevano che giocavo bene. Gli adulti andavano da mia madre a dirle che non doveva sottovalutare il piccolo e doveva iscrivermi in qualche squadra. L’istruttore della mia città mi ha iscritto a uno stage di Pasqua. Non sapevo ci fosse il talent scout dell’Anderlecht. Alla fine del torneo, sono venuti a parlarmi. Sono entrato in squadra all’età di otto anni.
Avevi un modello di riferimento quando eri più piccolo?
Guardavo tutti i giocatori più grandi. Ho sempre giocato a centrocampo, quindi osservavo tutti quelli al mio posto. Adoro il calcio e a casa guardo tutte le partite. Si vede solo verde nella mia televisione. Mia madre si lamenta (ride).
A parte il calcio, quali sono le altre passioni di Eliot Matazo?
Sono una persona tranquilla, posata, che non esce spesso. Mi piace molto leggere. Libri di sport o biografie. Adoro imparare qualcosa ogni giorno.
Negli spogliatoi, sei stato soprannominato “Rio”, come Rio Mavuba. Noi troviamo una certa somiglianza anche con Claude Makélélé. Ti fa piacere sentire questi paragoni?
(Sorride) Certo che sì! Sono due grandi giocatori, con due carriere incredibili. Mi fa molto piacere essere paragonato a loro. Ma ho ancora molto lavoro da fare prima di somigliargli davvero.
C’è una persona a cui tieni in particolare?
Mia madre. Da quando sono piccolo, mia madre mi ha sempre spronato. Mi ha accompagnato alle prime partite, agli allenamenti e ai tornei. Mi ha sostenuto ed è con lei che ho le conversazioni migliori. Le chiedo spesso consigli, sa tutto e guarda tutti i miei ingressi.
Il coach è uno di noi, ci parla spesso, soprattutto a noi giovani.
Che ne pensi di Cesc Fabregas ?
Con un giocatore come Cesc, non c’è neanche bisogno di parlare. Quando lo guardi allenarsi, riesci a sentire tutto il suo vissuto. Basta osservarlo. Lo osservi e impari tutto quello che c’è da imparare.
Quali sono gli obiettivi che ti sei prefissato?
Cerco di racimolare il massimo tempo di gioco, senza dimenticare di divertirmi e di dare il massimo negli allenamenti. Voglio cogliere l’occasione ogni volta che posso.
Il coach sembra essere premuroso con voi. Puoi parlarci del metodo Kovac?
Il coach è uno di noi, ci parla spesso, soprattutto a noi giovani. Ci dà consigli intingendo al suo passato da calciatore. Il fatto che sia stato un centrocampista per noi è un’ottima cosa. È anche molto severo. Dobbiamo lavorare sulla disciplina. Per noi più giovani, è una cosa molto importante.
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Traduzione a cura di Valentina Alia