Plastica negli oceani: il futuro non sembra essere roseo
Secondo uno studio pubblicato nel 2016 dalla fondazione Ellen MacArthur, entro il 2050 la quantità di plastica negli oceani potrebbe superare il numero dei pesci. In occasione dell’ultima edizione della Monaco Ocean Week, abbiamo incontrato due associazioni che lavorano nel mediterraneo e lottano senza sosta contro questo tipo di inquinamento.
Tutto ha avuto inizio da un semplice progetto estivo, cinque anni fa. Pierre-Ange Giudicelli, un ragazzo corso preoccupato per l’inquinamento da plastica, decide di organizzare un giro in kayak con degli amici sull’Île de beauté per raccogliere i rifiuti ammassati sul litorale. Il loro progetto di sensibilizzazione diventa presto un’associazione: Mare Vivu. L’obiettivo è quello di aiutare la scienza raccogliendo alcuni dati sul posto. Ma non appena progettano il loro primo macchinario di riciclaggio, portano a galla un’amara verità: “in Francia, solo l’un percento dei rifiuti di plastica è in realtà riciclato per produrre nuova plastica”, ammette con rammarico Pierre-Ange Giudicelli.
Il riciclaggio è la scusa che serve al nostro sistema per continuare a produrre plastica
Riciclare la plastica, una leggenda?
“Il riciclaggio è la scusa che serve al nostro sistema per continuare a produrre plastica, perché la soluzione si trova a monte della catena di produzione: ridurre il nostro consumo”. Le macroplastiche creano già numerosi danni agli esseri viventi del Mediterraneo, come lo strangolamento o il soffocamento dei mammiferi marini, o l’aggrovigliamento delle tartarughe nelle reti da pesca alla deriva. Per quanto riguarda le microplastiche, particelle di dimensioni variabili tra qualche centinaio di nanometri e 5 mm, finiscono nell’apparato digerente degli animali, come i gamberetti e i pesci che poi ci ritroviamo nel piatto!
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La settimana scorsa, Mare Vivu è stato selezionato per la seconda volta tra i vincitori del concorso a progetto lanciato da Beyond plastic Med (BeMed), un’associazione appoggiata dalla Fondazione Principe Alberto II di Monaco che sostiene le iniziative nel Mediterraneo. “È indispensabile lavorare con tutti i paesi della regione, con un approccio internazionale, perché moltissimi rifiuti di plastica che raccogliamo sul litorale corso sono trasportati, purtroppo, dalle correnti italiane”.
C’è una speranza: la nuova generazione
Oggi, Mare Vivu sensibilizza moltissimi giovani nelle scuole: “la nostra leva d’azione”, riassume Pierre-Ange Giudicelli che spera inoltre di riuscire a “dare alla nuova generazione tutti gli elementi necessari per comprendere”. A Monaco, anche Berit Legrand è convinta che il futuro del pianeta passi dall’istruzione. La fondatrice di The Animal Fund, un’associazione lanciata nel 2015, vuole condividere il suo impegno nel proteggere gli oceani e i mammiferi marini. I suoi due figli hanno appena lanciato il loro brand di abbigliamento ecosostenibile, R4, i cui imballaggi sono realizzati in un materiale biodegradabile che si può facilmente sciogliere in acqua calda, al contrario della classica plastica.
La pandemia da Covid-19 ha fatto aumentare in modo esponenziale il nostro consumo di plastica
Mascherine, guanti o imballaggi del cibo d’asporto. “La pandemia da Covid-19 ha fatto aumentare in modo esponenziale il nostro consumo di plastica”, afferma preoccupata Berit Legrand. “Lo stato dovrebbe sanzionare con la stessa tempestività chi getta la mascherina per terra, oltre a chi non la indossa”. Ogni anno, più di otto milioni di tonnellate di plastica finiscono nei nostri oceani e questo genere di inquinamento potrebbe triplicare entro il 2040.