Philippe Pastor: “Dipingere è un impegno che dura tutta la vita”
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Molto impegnato nella causa ambientale, l’artista monegasco sta attualmente preparando una mostra a Les Baux-de-Provence.
“La mia carriera artistica? Ci vorrebbero due giorni per parlarne! Dal suo laboratorio sotto il sole della Spagna, vicino a Cadaquès, Philippe Pastor sorride al telefono.
L’artista monegasco comincia condividendo i ricordi che più di tutti hanno influito sulla sua carriera. A partire dalle due partecipazioni alla Biennale di Venezia, nel 2007 e nel 2009. “Per la prima, la Fondazione d’arte moderna Riva mi chiese di contrapporre l’arte orientale alla nostra arte occidentale. Ho lavorato con due artisti siriani che hanno esposto al piano terra e ho utilizzato parte di una vecchia chiesa in disuso. Per la seconda Biennale, invece, ho portato a Monaco tre grandi dipinti, grandi quasi come i cartelloni pubblicitari che si vedono per strada”, racconta.
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Con la sua inconfondibile schiettezza, Philippe Pastor prosegue: “Ricordo che alla riunione degli artisti della Biennale ero con il pittore Miquel Barceló e ci siamo ritrovati insieme perché eravamo gli unici ad aver realizzato dei dipinti… La Biennale di Venezia è la Biennale della pittura e della scultura, ma oggi, quando la visiti, trovi installazioni assurde. Non ci sono più dipinti o sculture. Questa è la dimostrazione di come l’arte evolva, o di come noi lasciamo che si evolva”.
Fin da quando sono piccolo guardo i colori e vedo cose che gli altri non vedono
Sei anni dopo la seconda Biennale, il pittore e scultore è stato scelto per rappresentare il Principato all’Esposizione Universale di Milano. Un momento di orgoglio per Philippe Pastor, che ha potuto esporre le sue famose sculture di alberi bruciati intorno al Padiglione monegasco.
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Le sculture nascono da un dramma che ha segnato l’artista qualche anno prima. “Quando ero giovane, avevo un laboratorio nella foresta di La Garde-Freinet, nel Var. Un anno ci fu un incendio molto più grande degli altri e, con i ragazzi che lavoravano con me, passammo due giorni e due notti a spegnere il fuoco. I vigili del fuoco ci chiesero di andarcene, ma noi ci rifiutammo. Alla fine abbiamo spento l’incendio e ho visto cose orribili: ho visto animali scappare, era tutto bruciato. A quel punto mi sono detto: “Devi fare qualcosa”. Ho recuperato alcuni alberi e li ho portati in laboratorio. Li ho ripuliti, ho tenuto i tronchi carbonizzati, li ho appoggiati a un muro… E la mattina dopo, quando li ho visti allineati, con le loro ombre proiettate sul retro, ho riempito gli spazi vuoti con la pittura a guazzo. Cosa c’è più forte del fuoco? Nulla. Il fuoco è la cosa peggiore”, racconta.
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Mostrare al mondo il malessere della natura
Più che un’opera d’arte, questi alberi sono diventati un simbolo. Apprezzato dalle Nazioni Unite, Philippe Pastor ha esposto questa sua opera in diverse occasioni nell’ambito del Programma Ambientale delle Nazioni Unite. “È questo il lavoro più importante per me”, dice. “Ho realizzato molte installazioni per le Nazioni Unite, per conferenze a Singapore, New York, Monaco, ecc. Sono stato io a presentare ai membri delle Nazioni Unite la Fondazione Principe Alberto II e il Principe”.
Fondatore dell’associazione Art & Environnement, Philippe Pastor usa la sua arte “per mostrare al mondo il malessere della natura e della nostra società”. Con le serie intitolate “La fin du monde” (La fine del mondo), “Avec le temps” (Con il tempo) e “H2O”, l’artista rappresenta sulla tela la cruda realtà e mette in guardia sull’assoluta necessità di preservare le risorse naturali.
“Naturalmente, se il mondo fosse più bello, dipingerei cose più belle. Ma bisogna accettare il fatto che abbiamo portato il mondo alla catastrofe. Negli anni ’70 le grandi compagnie petrolifere erano state avvertite che il carburante che stavamo usando era dannoso per noi e per lo strato di ozono. Ne è passato di tempo da allora! (…) Ci addentriamo ogni giorno di più in questa situazione e facciamo finta di niente. Ci giriamo dall’altra parte, non VOGLIAMO vedere. Sappiamo tutti che le cose vanno molto, molto male. Sappiamo tutti che c’è un’enorme carenza di acqua sulla Terra. Ma facciamo finta che vada tutto bene. Sappiamo tutti che le auto elettriche non sono la soluzione. Ma facciamo finta di niente, perché così le aziende vanno avanti”, spiega l’artista, che non nasconde la sua rabbia per la mancanza di azione.
“Il mondo sta cadendo a pezzi e noi continuiamo a calpestarlo”, insiste. “Al giorno d’oggi si pensa solo ai soldi, soldi, soldi. Abbiamo già preso quasi due gradi. Entro il 2025 potrebbero essere tre gradi. (…) Ho 63 anni e credo che vedrò la fine dei miei giorni. Ma per i bambini è terribile. Cosa lasceremo loro? Non ci saranno più foreste, non ci sarà più acqua! Va bene dipingere fiori, ma sono sconvolto da tutto quello che succede oggi. Sono ancora più disgustato da tutte le persone che hanno un sacco di soldi e non danno nulla, che non fanno nulla per cambiare le cose. Loro si fanno sempre più belli, con auto sempre più grandi, in ristoranti sempre più grandi. E perché lo fanno, alla fine? Per farsi notare. Sanno che il mondo sta andando a rotoli e non fanno nulla per evitarlo. E sono sicuramente quelli che ne usciranno meglio”.
Nonostante le misure adottate dal Principato per cercare di ridurre il proprio impatto ambientale, Philippe Pastor è irremovibile. Bisogna agire a livello internazionale: “Dovremmo avere un organismo globale per gestire questo aspetto. Ci dovrebbe essere almeno un programma ambientale europeo, poi un altro negli Stati Uniti, un altro in Sud America… Ecco perché non stiamo facendo progressi: il problema ambientale non si ferma alle frontiere. Dobbiamo smettere di mentire a noi stessi e di raccontarci storie. Dobbiamo affrontare la realtà. Io dipingo proprio questo”.
Una pittura riconoscibile tra mille
E dai suoi laboratori in Spagna e nella Savoia, Philippe Pastor dipinge praticamente ogni giorno: “Sono trent’anno che lo faccio, lavoro costantemente. Non per passione, ma per convinzione. Dipingere non significa comprare quattro pennelli, sporcarsi le dita con un po’ di vernice e immaginare che sia tutto lì. Dipingere è un impegno che dura tutta la vita. Non so fare altro. Ho le mani macchiate, scheggiate… Ovunque vada, ho sempre un album per gli schizzi in tasca. Mi piace disegnare i volti delle persone, ma a modo mio, come li vedo io. Come sono realmente. Esagero i tratti, le orecchie, i nasi… Picasso era il maestro di questa tecnica. Si può dire quello che si vuole su Picasso, ma era fantastico. Anzi, lo è ancora”.
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Non appena inizi a dipingere, dipingi seguendo l’istinto
L’artista monegasco ha qualcosa in comune con il suo collega spagnolo: tutt’altro che spontaneo, il suo lavoro richiede lunghe riflessioni preliminari. “Ma non appena inizi a dipingere, dipingi seguendo l’istinto. Tieni stretta la matita, a volte chiudi anche gli occhi. Non sei più tu a realizzare il quadro, ma tutto quello che ci metti dentro. Non chiedetemi come faccio i miei quadri. Tutto inizia con una tela, ma prima ci lavoro per quindici giorni, tre settimane, un mese… La pratica rende perfetti”.
E la tecnica non si limita al movimento. Dopo aver sperimentato gli acquerelli da bambino, poi la pittura a olio quando viveva a Saint-Tropez, Philippe Pastor ora lavora con colori naturali, a volte difficili da trovare, che arrivano direttamente dal Marocco o dall’India. “Mi ci sono voluti due anni per trovare la tecnica per mescolare i pigmenti con la colla e l’acqua (…) In Marocco ci sono pigmenti neri di legno bruciato. Volevo dipingere con quelli. Oggi posso realizzare un dipinto mio, ben riconoscibile: non c’è bisogno di guardare la firma per sapere che sono io l’autore”, spiega.
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Quando si tratta di ispirazione, è nella natura, lontano da Monaco, che l’artista trova le sue idee: “Non mi piacciono le città, mi piace la campagna, passeggiare con il mio cane… È in campagna che si trovano i dipinti. (…) Non so se ho sempre saputo di voler fare l’artista, ma posso dirvi una cosa: fin da quando ero piccolo, ho sempre guardato i colori e visto cose che gli altri non vedono”.
Quest’estate appuntamento a Baux-de-Provence
Appena tornato dalla prestigiosa fiera d’arte belga BRAFA, dove ha “fatto il botto” vendendo quattro quadri all’inaugurazione, l’artista sta ora preparando le sue prossime mostre in giro per il mondo. Da Hong Kong al Belgio, passando per Parigi, il calendario è piuttosto fitto.
Ma la mostra che attende con fervore è molto più vicina al Principato. Dal 1° giugno al 30 settembre, infatti, Philippe Pastor esporrà a Baux-de-Provence, nel cuore del paese. “Ogni anno espongo in una piccola città della Costa Azzurra. L’anno scorso è stato il turno di Saint-Paul-de-Vence e tre anni fa di Bormes-les-Mimosas. Madame Macron e il Presidente sono anche passati, perché volevano un quadro per il Palazzo dell’Eliseo”, ricorda l’artista.
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Intitolata “Comment va le monde?” (Come va il mondo?), la mostra si terrà all’Esplanade Charles de Gaulle, al Jardin du Prince Rainier III de Monaco e all’Hôtel de la Tour de Brau ed esplorerà lo stato in cui versa il nostro pianeta a causa delle ferite di una natura martoriata e avvelenata.
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Per quanto riguarda il futuro, Philippe Pastor non sembra avere grossi dubbi. Anche se sta pensando di tornare nel Principato, per il momento “questa vita da artista mi piace. Rimarrò in campagna e continuerò a guidare la mia moto”. Il modo migliore, secondo lui, per trovare gli scorci più belli e per continuare a mostrare ciò che vede, ma che gli altri non riescono a vedere.