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Il caso Rybolovlev-Bouvier: la sentenza della CEDU potrebbe porre fine ad anni di contenzioso a Monaco

La Corte europea dei diritti dell'uomo
La Corte europea dei diritti dell'uomo © Consiglio d'Europa

Giovedì 6 giugno, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha emesso una decisione che potrebbe porre fine al procedimento in corso con oggetto il traffico di influenze illecite e la corruzione nel Principato, noto come “MonacoGate”.

La CEDU ha stabilito all’unanimità che il giudice istruttore Edouard Levrault e altre autorità monegasche hanno violato i diritti tutelati dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo nei confronti di Tetiana Bersheda, avvocato di Dmitri Rybolovlev.

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Un riassunto dei fatti

Nove anni fa, una battaglia legale ha visto protagonisti il mercante d’arte svizzero Yves Bouvier e il presidente dell’AS Monaco Dmitri Rybolovlev. Il miliardario residente monegasco ha accusato il suo consulente di avergli sottratto un miliardo di euro in occasione delle vendite di alcune opere d’arte. Rybolovlev ha presentato così una denuncia alla polizia monegasca contro Yves Bouvier e Tania Rappo, una conoscente di entrambi, accusando quest’ultima di aver agito da intermediaria e di aver approfittato della situazione per arricchirsi.

Nel febbraio 2015, l’avvocato di Dmitri Rybolovlev, Tetiana Bersheda, ha registrato una conversazione sul suo cellulare durante una cena tra lei, Tania Rappo e il miliardario russo, per dimostrare la complicità tra Tania Rappo e Yves Bouvier.

Dopo essere venuta a conoscenza della registrazione segreta, Tania Rappo ha sporto denuncia per violazione della privacy contro la signora Bersheda, il signor Rybolovlev e il procuratore di Monaco dell’epoca, Jean-Pierre Dreno. Gli ultimi due sono stati perseguiti come complici.

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Nel 2017, la signora Bersheda, di sua iniziativa, ha consegnato il telefono con la sopracitata registrazione alla Sureté publique di Monaco affinché potesse autenticare la registrazione. Ma è a questo punto che il caso si infittisce.

Il giudice istruttore Edouard Levrault, che si stava occupando del caso di violazione della privacy, ha chiesto a un esperto informatico di esaminare il telefono della signora Bersheda. Tuttavia, secondo la CEDU, l’obiettivo era quello di avviare “un’indagine approfondita sulla telefonia, senza alcuna reale limitazione in termini di tempo o di portata“, piuttosto che limitarsi ad autenticare la registrazione.

Un nuovo caso

Questa indagine ha permesso di estrarre dal telefono di Tetiana Bersheda, utilizzato per scopi personali e professionali, decine di migliaia di SMS, MMS, iMessage, e-mail e telefonate per un periodo di oltre tre anni.

È sulla base di questi rapporti che a Monaco è stata avviata un’altra inchiesta, quella per traffico di influenze illecite e corruzione, in cui oltre a Rybolovlev e Bersheda sono stati citati Philippe Narmino, ex direttore dei servizi giudiziari; Paul Masseron, ex consigliere del Governo-Ministro dell’Interno; Régis Asso, ex capo della Sûreté publique e Christophe Haget e Frédéric Fusari, due membri di alto grado della Sûreté publique.

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Ma perché sono stati indagati? Perché erano tutti menzionati nelle registrazioni e nei messaggi recuperati dal telefono di Tetiana Bersheda.

L’inchiesta ha fatto un certo scalpore, tanto da essere soprannominata “MonacoGate”: violando la confidenzialità dell’indagine, centinaia di messaggi del telefono della signora Bersheda sono entrati in possesso dei media. Sebbene non sia ancora stato emesso un verdetto, le testate giornalistiche si sono accanite sul caso danneggiando la reputazione di Monaco.

Sostenendo che il giudice istruttore fosse andato troppo oltre rispetto all’indagine nei limiti dei suoi poteri, Rybolovlev e Bersheda hanno presentato diverse istanze a Monaco per contestare l’inchiesta. Tuttavia, tutte queste istanze sono state respinte, prima dalla Corte d’appello e poi dal Corte di revisione. Così, nel luglio 2019, hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

“Invocando l’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata), i ricorrenti hanno lamentato la raccolta massiccia, indiscriminata e sproporzionata della totalità dei dati, sia quelli “visibili”, sia quelli cancellati, e quindi “invisibili”. Secondo i ricorrenti, queste indagini, ingiustificate, sono state condotte senza tutelare il segreto professionale a cui la signora Bersheda aveva diritto in quanto avvocato“, spiega la CEDU.

Un risultato atteso dai ricorrenti

Giovedì 6 giugno, la CEDU ha emesso il suo verdetto. I sette giudici hanno dichiarato all’unanimità la violazione dell’articolo 8 della Convenzione sui diritti umani. Nella sentenza, la Corte ha rilevato che “il giudice istruttore ha esteso troppo la portata delle sue indagini e che le autorità giudiziarie nazionali di controllo non hanno provveduto a ridefinire i limiti della missione degli esperti e la portata delle indagini“.

La Corte ha inoltre deplorato “l’incapacità del giudice istruttore di attuare in un primo momento un quadro di protezione del segreto professionale in casi analoghi a quello in esame“.

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La reazione dei ricorrenti è stata immediata. “La difesa sostiene da anni che il precedente giudice istruttore, al fine di formulare le accuse contro Dmitri Rybolovlev, non aveva il diritto di perquisire barbaramente il telefono del suo avvocato per portare alla luce messaggi relativi alla sua attività giuridica. Così facendo, ha commesso una grave violazione del segreto professionale dell’avvocato“, hanno dichiarato gli avvocati di Rybolovlev in un comunicato.

L’avvocato di Tetiana Bersheda, Sébastien Schapira, ha spiegato: La Corte ha dichiarato che il giudice istruttore non aveva il diritto di perquisire in modo selvaggio il telefono dell’avvocato per portare alla luce messaggi relativi alla sua attività giuridica e alla sua vita privata. In questo modo, ha violato gravemente il segreto professionale dell’avvocato e l’articolo 8 della CEDU (Convenzione europea dei diritti dell’uomo). La Corte ha quindi ribadito che era imperativo regolamentare con rigore una tale misura, paragonabile alle operazioni di perquisizione e sequestro in uno studio legale, dal momento che gli avvocati sono ausiliari della giustizia“.

È la fine del “MonacoGate”?

Il procedimento monegasco nato dalla controversia tra Rybolovlev e Bouvier sta gradualmente volgendo al termine. Innanzitutto, le accuse iniziali di frode sono state ritirate. Lo scorso novembre è stato rivelato che i giudici istruttori Franck Vouaux e Ludovic Leclerc, incaricati del caso di violazione della privacy, avevano richiesto l’archiviazione del caso contro Dmitri Rybolovlev e Jean-Pierre Dreno. Tetiana Bersheda, invece, è stata assolta dal tribunale a marzo.

Per quanto riguarda il caso del traffico di influenze illecite, Martin Reynaud, avvocato di Dmitri Rybolovlev, ha spiegato: “il procedimento non ha più fondamenta, poiché i messaggi recuperati illegalmente dal cellulare della Bersheda erano le uniche prove contro il mio cliente.

Una fonte di Le Parisien, commentando le prospettive dell’inchiesta sul caso Rybolovlev e gli ex capi delle forze dell’ordine del Principato, ha dichiarato: È difficile comprendere come si possa non tenere conto di tale decisione. L’intera premessa del procedimento è stata fatta a pezzi“.

Dopo che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato illegali le prove del traffico di influenze illecite, sembra chiaro che il caso Rybolovlev avrà un ennesimo e probabilmente definitivo colpo di scena.

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